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Per chi vuole approfondire, per gli appassionati, per gli studenti, il Geoparco Transfrontaliero delle Alpi Carniche mette a disposizione una serie di pubblicazioni a carattere geologico da scaricare gratuitamente in pdf: dalle più divulgative, come i Quaderni del Geoparco e i Quaderni del Museo Geologico, ai testi scientifici di approfondimento

Corrado Venturini

Quattro passi nella geologia del Friuli Venezia Giulia

Ed. Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Servizio Geologico, 2014, 112 p.

Su incarico del Servizio Geologico della Regione Friuli Venezia Giulia sono stati realizzati un libro con abbinato un geogioco, destinati alle ultime classi delle scuole primarie presenti sul territorio regionale. Entrambi i prodotti sono stati ideati con l’intenzione di avvicinare i più giovani ai molteplici e affascinanti significati dei territori nei quali risiedono o che periodicamente frequentano. Il libro e il geogioco sono utilizzabili separatamente, anche se sono strutturati in modo tale da integrarsi a vicenda. Il geogioco è un gioco da tavolo analogo al classico gioco dell’oca ed ha per base una carta fisica in 3D della Regione Friuli Venezia Giulia. Le relative caselle rappresentano una cinquantina di siti geologici (geositi), scelti tra i più caratterizzanti dell’evoluzione geologica regionale. Il geogioco è stato pensato come richiamo ludico in grado anche di favorire la conoscenza geografica – oltre che geologica – del territorio regionale.
Il libro, dopo un’indispensabile introduzione rivolta alle informazioni base della geologia, sempre tradotte in un linguaggio adatto ai ragazzi, prende in esame i singoli geositi presenti nel geogioco, commentandone gli effetti e le cause con un linguaggio e dei paragoni in grado di mediarne i significati attraverso le indispensabili semplificazioni. Chi, per fini didattici, fosse interessato al libro e all’allegato geogioco, può richiederli gratuitamente al Servizio Geologico – Regione Aut. Friuli Venezia Giulia, via Giulia 75 – 34126 Trieste. Download PDF (4 MB)

Corrado Venturini

Evoluzione geologica delle Alpi Carniche

Edizioni del museo Friulano di Storia Naturale, 208 p.

Friuli e Carnia sono le sole aree d’Italia in cui si possono vedere rocce e raccogliere fossili dell’intera scala del tempo geologico, dal Quaternario fino al Paleozoico antico attraverso Terziario e Mesozoico, per uno spessore cumulativo di oltre 14 chilometri di strati. Le aspre e ripide valli carniche appena sopra il limite del bosco mostrano compiutamente aperte, strato per strato, le innumerevoli pagine di pietra di questa storia della Terra.

Il volume è a colori, in formato 17 x 24 cm, con copertina rigida. E’ venduto assieme alla Carta geologica delle Alpi Carniche in scala 1:25:000, disponibile in due fogli in formato 130 x 100. Le carte possono essere acquistate anche autonomamente sia piegate che stese, al costo di € 20,00 complessivi per i due fogli (che non sono vendibili singolarmente).

Il cofanetto contenente il volume e le carte piegate costa € 40,00. Non è possibile acquistare il solo volume.

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Corrado Venturini

Le Alpi Carniche, uno scrigno geologico

Ed. Museo Friulano di Storia Naturale, Udine, 2012, 155 pagg. Italiano

Le Alpi Carniche – scrigno geologico d’eccezione – sono il nostro baule dei ricordi. Le vallate e i monti, ricchi di sedimenti, di rocce e di forme d’erosione, sono le fotografie del loro appassionante passato geologico, prossimo e remoto.

Leggere un territorio, comprenderne la lunga storia geologica e le ragioni per cui i fiumi seguono certi percorsi o perché alcune pareti rocciose sono verticali, appare spesso un ostacolo insormontabile, reso ancora più ostico dall’uso di termini strani (cos’è il Siluriano, cosa sono i graptoliti?) e unità di tempo difficilmente raffrontabili a quelle cui siamo abituati (centinaia di migliaia, milioni di anni…). E poi ancora, cosa vuol dire “la Carnia era vicina ai tropici”? Come facciamo a saperlo?

A ciò si unisce spesso l’idea semplificata che le montagne nascono dal mare, quasi che il monte Cogliàns, nella sua forma attuale, fosse in origine sul fondo di un oceano dal quale è emerso come un sottomarino. È difficile spazzare via con un volume i luoghi comuni, o fornire, in maniera accessibile, quelle informazioni che gli studiosi hanno ricostruito con anni di ricerche. È vero, però, che la geologia può essere più semplice di quel che si crede e che il fascino delle nostre montagne, dei fossili che celano (e, a volte, fortunatamente, restituiscono…), rappresenta un elemento che ci sprona a indagare nel “dietro le quinte”. È anche vero che spesso i geologi stessi non hanno la pazienza (o la capacità…) di svelare le chiavi di lettura che rendono leggibile quell’enorme libro della storia, le cui pagine sono gli strati rocciosi che costruiscono le nostre montagne e nei quali i fossili sono le sempre apprezzate illustrazioni a colori!

Uno “Small Project” finanziato dall’Unione Europea ha consentito alla Comunità Montana della Carnia e al Museo Friulano di Storia Naturale, in collaborazione con il Geopark Karnische Alpen di Dellach, di realizzare iniziative destinate ad avvicinare al loro territorio gli abitanti delle aree interessate dal progetto. A conclusione dell’iniziativa è stata realizzata una pubblicazione che suggerisce qualche “idea” per viaggiare nel tempo e per leggere alcune pagine di questo libro di roccia “spesso” quasi 500 milioni di anni.

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Corrado Venturini

Si forma, si deforma, si modella – come il territorio si modifica attraverso il tempo geologico

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, 2010 (prima edizione), 192 p.

Il volume descrive e analizza i numerosi segni lasciati dalle forze che agiscono, tanto alla superficie quanto nelle profondità della crosta terrestre, in un incessante susseguirsi di deposizioni, deformazioni e modellamenti.

Il testo si rivolge sia agli appassionati naturalisti, sia agli studenti propensi a comprendere l’essenza e la ragione di molti tra i fenomeni che condizionano le modificazioni, grandi e piccole, dell’ambiente che li circonda.

La divulgazione relativa agli aspetti geologici e morfologici, molto attiva in altri paesi, da noi è spesso trascurata. Ne consegue che le morfologie e le successioni rocciose per la maggioranza di noi appaiono prive di significato. Eppure, quando l’attenzione viene stimolata all’osservazione diretta, si apre un affascinante capitolo di storia naturale. Le rocce e i sedimenti manifestano la loro varietà con prepotenza e vigore, raccontando storie antiche e recenti, svelando una serie di impensabili e coinvolgenti aspetti non privi di indubbio fascino.

In questi casi la conoscenza è capace di generare stupore, e insieme, conoscenza e stupore si fanno stimolo al rispetto e alla tutela dell’ambiente, spesso vilipeso per mera ignoranza. Questo volume cerca di dare un contributo anche in questa direzione: quella della consapevolezza e della meraviglia.

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COLLANA QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA

Trilobiti: i primi dominatori dei mari

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, ristampa 2015, 30 p.

Il Friuli è una delle poche regioni in Italia in cui affiorano successioni marine paleozoiche relativamente continue e ben esposte. La Catena Carnica Principale che separa a nord il Friuli dall’Austria è composta, quasi esclusivamente, da rocce formatesi tra l’Ordoviciano superiore e il Permiano.

E’ in queste rocce, dove si conservano le tracce di forme di vita antichissime, che sono stati rinvenuti fossili di trilobiti, una classe di artropodi estinta ma che ha dominato i mari del Paleozoico.

La forma particolare di questi animali ha destato molta curiosità fin dai tempi antichi, spesso legandoli a leggende e miti. Ai trilobiti, alle loro caratteristiche morfologiche, abitudini di vita, evoluzione e diffusione in Friuli è dedicato questo quaderno.

Pubblicazione edita con riferimento alla mostra Trilobiti: i primi dominatori dei mari

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COLLANA QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA

I segni dei ghiacci

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, ristampa 2015, 32 p.

Una temperatura media di pochi gradi inferiori all’attuale, e in poche migliaia di anni tutta la Carnia venne coperta dai ghiacci. Questo si verificò, a più riprese, fra i 100.000 ed i 10.000 anni fa, con strascichi che si protrassero sino a poche migliaia di anni fa. Gli sbalzi climatici in realtà sono avvenuti anche in precedenza ma fino a noi sono giunte testimonianze chiare e ben leggibili esclusivamente dell’ultima glaciazione, quella Würmiana, terminata circa 10.000 anni fa.

Come e dove possiamo oggi leggere le tracce di questo particolare, e agli occhi di un geologo, recente episodio della storia del nostro territorio? Quali sono gli elementi del paesaggio che ci aiutano a comprendere queste vicende?

Le caratteristiche valli ad U, laghetti alpini, circhi glaciali, sono la testimonianza eclatante dell’effetto della forza erosiva esercitata dall’avanzamento delle lingue glaciali; morene e massi erratici sono invece tipiche forme di deposito legate alle fasi di ritiro. A queste morfologie se ne aggiungono molte altre, spesso facilmente riconoscibili anche all’occhio non esperto se opportunamente guidato nell’osservazione.

Questo quaderno, dopo un’introduzione generale sui cambiamenti climatici avvenuti negli ultimi 2 milioni di anni, propone un excursus su quelli che sono oggi sul territorio i segni lasciati dall’azione dei ghiacci. Una parte specifica è dedicata anche agli effetti delle glaciazioni sulla diffusione ed evoluzione di flora e fauna.

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COLLANA QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA

Miniere e minerali in Carnia

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, ristampa 2015, 32 p.

La tradizione orale vuole che le miniere del Rio Fuina, presso Pesariis, siano state sfruttate per l’estrazione dell’oro già in tempi antichi. I minatori non rispettando le feste comandate fecero adirare Dio che cancellò ogni traccia della miniera facendo franare le gallerie. Questa è solo una delle tante leggende che diffusero soprattutto le maestranze “tedesche” chiamate a lavorare in diverse miniere della Carnia, ma che stanno ad evidenziare come l’attività estrattiva in passato fosse diffusa. A questo si aggiunge il fatto che il presunto oro altro non era che solfuro di ferro.

Lo sfruttamento delle materie prime nella montagna friulana ha una storia molto lunga: molti indizi indicano che sin dalla preistoria i minerali sono stati oggetto di sfruttamento, con maggiore probabilità ciò è avvenuto al tempo dei romani ma sicuramente le attività estrattive si sono intensificate nel medioevo, come testimoniano resti di miniere scavate a fuoco nell’area di Pramosio risalenti a questo periodo. Importante è stato, in passato, lo sfruttamento minerario che ha interessato l'area del Monte Avanza che forniva rame e argento, e le aree di Comeglians, Timau e Pramosio. Dai livelli triassici di Cludinico di Ovaro veniva cavato, sino alla metà del secolo scorso, carbone

Attualmente l’attività estrattiva è abbandonata poiché non più redditizia o perché le miniere sono esaurite, ma le rocce affioranti in Carnia sono però ancora oggetto di sfruttamento economico: alcune sono utilizzate come pietre ornamentali, in particolare i calcari devoniani dell'area di Timau, Pramosio e Forni Avoltri ed i calcari rossi ad ammoniti del Monte Verzegnis che risalgono al Giurassico. A scopo industriale vengono sfruttati anche i gessi affioranti presso Comeglians.

Al di là del loro possibile sfruttamento, i minerali però hanno sempre affascinato per le loro forme cristalline e i loro colori. Particolarmente interessanti sono i depositi chimici e i minerali di grotta: in alcune grotte sono stati ritrovati cristalli di calcite di dimensioni anche superiori ai 20 cm di lunghezza.

Questo quaderno, dedicato ai minerali e alle miniere in Carnia, descrive nella sua prima parte il legame esistente tra evoluzione geologica del territorio e presenza di minerali per poi passare alla storia della coltivazione di minerali in Carnia e una descrizione geografica di quelli che sono stai i giacimenti importanti dal punto di vista storico. Download PDF (5MB)

COLLANA QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA

Laghetti alpini della montagna friulana

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, 2012, 32 p.

Parlando di laghetti alpini il più delle volte la prima immagine che balza alla mente sono le loro limpide acque cristalline, custodite tra incantevoli rilievi o protette da suggestive pareti verticali, circondate da boschi di conifere o prati di genziane. Ma dal punto di vista geologico, i laghetti alpini che costellano le montagne della Carnia, costituiscono oggi gli ultimi, labili testimoni di un importante evento che ha caratterizzato l’evoluzione geologica più recente del nostro territorio: l’ultima glaciazione quaternaria.

Agli occhi degli esperti, lungo alcune vallate, sono inoltre ancora visibili gli indizi lasciati anche da antichi bacini oramai scomparsi, i paleolaghi, spesso frutto di piccole frane favorite dal ritiro dei ghiacci che hanno formano uno sbarramento naturale bloccando temporaneamente il flusso delle acque e generando, a monte, laghi più o meno estesi. Questi paleolaghi sono sopravvissuti per alcune centinaia se non migliaia di anni sino a quando lo sbarramento della frana non è stato superato o eroso: i casi più classici sono quelli della media valle del But (fra Arta e Sutrio) e della conca di Paularo.

Questi elementi del territorio costituiscono spesso geositi di grande interesse e di rilevante valore naturalistico. I bacini lacustri d’alta quota sono infatti vere e proprie “oasi di biodiversità”: ospitano una vegetazione caratteristica e benché possano apparire talvolta privi di vita, celano in realtà una importante fauna ad invertebrati, svolgendo anche un ruolo fondamentale per molti vertebrati.

Questo quaderno è dedicato ai laghetti alpini, come nascono e si evolvono fino poi a scomparire e ai problemi legati alla loro conservazione, spesso minacciata dall’azione antropica.

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COLLANA QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA — COLLANA LE GUIDE DEL GEOPARCO

Cason di Lanza, leggere il passato nelle rocce

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, ristampa 2012, 48 p.

Uno dei tanti aspetti che rendono le Alpi Carniche un unicum a livello Europeo è che contengono rocce sedimentarie e fossilifere tra le più antiche di tutta la penisola italiana e dell’arco alpino e presentano evidenza delle forti deformazioni subite dalla crosta terrestre durante l’orogenesi ercinica, avvenuta circa 320 milioni di anni fa (Carbonifero sup.), e quella alpina ancora in atto.

Situata nel cuore di queste Alpi, la zona di Lanza offre ai geologi un eccezionale campionario di rocce, di età compresa tra l’Ordoviciano e il Permiano, che hanno minuziosamente registrato il variare delle condizioni paleogeografiche e ambientali e l’evoluzione di forme di vita qui avvenuti in un lasso di tempo di ben 200 milioni di anni. Di questi incredibili cambiamenti tratta il quaderno dedicato a Cason di Lanza che si chiude con un breve accenno agli aspetti naturalistici e alle più suggestive leggende legate a questi luoghi.

Studiata già a partire dalla metà dell’800, particolarmente cara anche al geologo carnico Michel Gortani, negli ultimi 10 anni l’area di Lanza è diventata il centro di nuove ricerche con lo scopo di migliorare ed aggiornare le conoscenze geologiche e paleontologiche di questo tratto delle Alpi Carniche; protagonisti di questi studi sono il Museo Friulano di Storia Naturale di Udine, le Università di Cagliari, Bologna, Modena, Reggio Emilia, Chieti e Pescara, a cui si sono aggiunti i geologo austriaci dell’Università di Graz e del Geoparco delle Alpi Carniche di Dellach.

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COLLANA QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA

Le grotte della Carnia

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, edito 2008, ristampa 2015, 32 p.

Passeggiando nelle montagne della Carnia è facile imbattersi in massi corrosi e superfici con scannellature e solchi: si tratta delle manifestazioni superficiali del fenomeno carsico, risultato dell’azione corrosiva dell’acqua su rocce soprattutto di natura carbonatica. Rocce di questa natura sono ampiamente diffuse nelle cuore delle Alpi Carniche, soprattutto nella fascia al confine con l’Austria dove costituiscono, ad esempio, i grandi massicci del Monte Coglians, del Pizzo di Timau o dello Zermula. Il più delle volte si tratta di depositi calcarei di origine organogena, testimonianza di antichi corpi di scogliera.

A queste forme superficiali si aggiungono le grotte, forme carsiche profonde meno conosciute ma più diffuse di quanto si creda, se solo si pensa che in Friuli Venezia Giulia sono oggi note più di 6.000 grotte, delle quali circa 300 si trovano in Carnia. Un insieme complesso di reticoli carsici percorrono poi diversi massicci creando percorsi nascosti e incredibili attraverso i quali le acque assorbite su un versante tornano alla luce talvolta addirittura sul versante opposto.

Oltre agli aspetti geomorfologici, gli ambienti ipogei offrono ospitalità anche a molti animali: alcuni di passaggio, alcuni che vi si rifugiano saltuariamente per svernare o estivare altri che hanno fatto delle grotte la loro dimora fissa. Gli studi sulla fauna cavernicola delle Alpi Carniche, anche se ancora molto limitati e lacunosi, hanno permesso anche la scoperta di specie nuove per la scienza, come per esempio due coleotteri troglobi con spiccati adattamenti alla vita ipogea.

La Carnia, meta delle esplorazioni dei grandi nomi dell’alpinismo e della speleologia friulana fin dalla metà dell’800, rappresenta per la speleologia un territorio da indagare, in cui la ricerca scientifica non è ancora stata svolta sistematicamente. Molto c’è ancora da scoprire! Questo quaderno si propone di far conoscere la complessa realtà delle grotte della Carnia illustrando anche gli aspetti salienti del fenomeno carsico e come questo si è sviluppato sul territorio, quali siano le aree più interessanti e quali gli aspetti più significativi dal punto di vista scientifico.

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COLLANA QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA

Le foreste del Carbonifero

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, edito 2012, 32 p.

Durante il Carbonifero medio (circa 320 milioni di anni fa) l’attuale settore alpino friulano venne interessato dall’orogenesi ercinica che porto alla formazione di una catena montuosa, la Catena Paleo Carnica. La presenza di imponenti apparati deltizi, dovuti allo smantellamento della Catena Paleo Carnica, e un clima caldo-umido subtropicale crearono le condizioni per lo sviluppo di estese foreste concentrate nelle zone acquitrinose delle piane deltizie e sulle pendici dei rilievi che fiancheggiavano le depressioni vallive.

La vegetazione delle foreste carbonifere era molto diversa dalle flore attuali: le conifere e le piante con fiori non esistevano ancora mentre erano diffusi i progenitori degli attuali licopodi, equiseti e felci che allora si sviluppavano però per decine di metri in altezza.

Le flore carbonifere hanno lasciato sul territorio significative testimonianze fossili che arricchiscono le collezioni di numerosi musei in tutto il mondo e sono raccontate in questo quaderno.

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COLLANA QUADERNI DEL MUSEO GEOLOGICO DELLA CARNIA

Ammoniti nei mari del Mesozoico

Ed. Comunità Montana della Carnia, Tolmezzo, ristampa 2015, 32 p.

Il volume è tutto dedicato agli Ammonoidi, molluschi cefalopodi (imparentati con le attuali seppie e calamari) che hanno padroneggiato nei mari del Mesozoico per estinguersi alla fine del Cretacico, durante la stessa estinzione che portò anche alla scomparsa dei dinosauri.

Il fascino di questi organismi sta sicuramente nel loro elevato valore estetico, nella perfezione quasi matematica della forma a spirale delle conchiglie, nella complessità delle loro linee di sutura, ma anche nella utilità che hanno per i geologi: grazie alla rapidità della loro evoluzione e diffusione le ammoniti sono ottimi fossili guida, preziosi quindi per la datazione relativa dei corpi rocciosi.

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